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Immagine del redattoredai monti della grande guerra

Come nascono i recuperanti

Una scelta per la sopravvivenza.


Questa figura è nata negli anni '20 per svilupparsi più intensamente negli anni '30.

La carenza di lavoro del dopoguerra creava il dilemma "Emigrante o recuperante?".

Per coloro che sceglievano di rimanere nel proprio paese l'attività consisteva nel recupero d'armi, oggetti bellici e cose perdute dai soldati per riutilizzare i metalli: le scorie della guerra.

Recuperanti

Secondo i dati del tempo, la paga di un operaio era fra le 9 e le 15 lire al giorno che in euro sarebbero stati 345 al mese.

Recuperanti grande guerra

I recuperanti tornavano a casa dopo una giornata di ricerca con zaini carichi da 10kg fino a 30kg e una volta venduto il materiale (dai 10 ai 170€ al giorno) riuscivano a superare lo stipendio mensile di un operaio.

Per esempio una granata da 210mm fruttava 230€ al pezzo.

Il metallo più ambito era il rame, seguito dal bronzo delle spolette, l'ottone delle cartucce, il piombo e infine il ferro.

Persino gli scheletri dei soldati dispersi in battaglia venivano pagati (25lire), mentre le ossa degli animali macellati nelle retrovie per nutrire i soldati erano vendute alla ditta Acca Kappa di Treviso per fare saponi e fertilizzanti.


Recuperanti grande guerra

In quegli anni i recuperanti andavano nei campi di battaglia senza cercametalli, i primi sarebbero arrivati nel secondo dopoguerra.

Erano reduci o figli di combattenti che sapevano dov'erano ubicati i depositi o comunque dove cercare.

Questi erano i nostri nonni. Persone che avevano perso tutto, familiari in guerra, case, campi, non avevano più niente.

Possedevano però una cosa che non puoi comprare: la speranza. Da buoni italiani credevano che rimboccarsi le maniche alla fine avrebbe consentito di tornare a una vita dignitosa come nel pre-guerra.

Animati dalla voglia di non mollare mai, salivano sulle montagne, scavavano tutto il giorno a colpi di piccone, perché se ci credi davvero non esistono difficoltà insuperabili, tutto può essere risolto e loro ne erano convinti.

Recuperanti grande guerra

Ma come nelle grandi storie che si rispettino, è proprio quando pensi di aver superato il peggio che il destino a volte ti ripresenta il conto.

L’Europa viene divisa tra le nuove ideologie politiche emergenti. Arrivano gli anni ’30, il nazismo e il fascismo con la Seconda Guerra Mondiale.

E come la storia ci aveva già insegnato, a pagarne le spese saranno ancora loro: i reduci più giovani e i loro figli, nati magari durante il periodo dei primi recuperi, con la speranza di avere un futuro roseo. Non sarà così.

Andranno al fronte, periranno e combatteranno una guerra diversa. Non più nelle trincee, ma tra le loro case, strada per strada, con il terrore che qualche moglie o figlio potesse morire per rappresaglia.

Recuperanti grande guerra

Finita la guerra a causa delle nuove armi e dei periodici bombardamenti ai paesi, chi tornava aveva perso tutto. Di nuovo. Erano ritornati nell’incubo della sopravvivenza.

Questa storia però ci insegna ancora una volta che gli uomini di montagna, non hanno mollato, hanno saputo dimostrare che anche il destino può essere cambiato, perché se ce l’avevano fatta una volta, potevano cambiare ancora il loro presente e futuro.

Recuperanti grande guerra

Tornarono in montagna e con l’ausilio dei primi cercametalli, recuperarono tutto quello che era sfuggito 20 anni prima. I guadagni questa volta triplicarono, grazie alla necessità di materiale utile alla ricostruzione.

Subentrò poi il piano Marshall americano e nel giro di pochi anni costruirono case dignitose e la loro vita migliorò radicalmente. Iniziarono ad avere impieghi nei cantieri, a potersi permettere il bestiame e mostrarono al resto del mondo che loro ce l’avevano fatta, contro tutto e tutti, anche contro un destino crudele, e con una cosa che non era materiale:

semplicemente La Speranza, la forza di dire “noi non molliamo”, ”noi ci crediamo”.

Recuperanti grande guerra

Cosa che avverrà solo in Italia e se c’è una cosa che noi italiani sappiamo fare bene è la capacità di ingegnarsi. Nel nostro paese sono nati i Recuperanti e abbiamo insegnato questo mestiere al resto del mondo.

Negli ultimi anni sappiamo bene che le cose sono cambiate, ci sono ancora i recuperanti, certo, l'autore stesso ritiene di esserlo.

Conoscendo la storia mi sento di dire che la mia speranza oggi è quella di trovare un pezzo raro, qualcosa che pochi hanno in collezione. Io non scavo per sopravvivere, scavo per collezionismo!

Ecco perché quando vado ai mercatini e sento la gente che si ritiene recuperante, mi fermo a riflettere e mi dico: noi non siamo veri recuperanti, è un nome che ha poco a che fare con noi e con la nostra sopravvivenza. Noi siamo forse più dei Recuperanti Moderni, ossia semplici collezionisti.

Recuperanti grande guerra


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